Plagio, citazioni dubbie, invenzioni, costruzione narrativa soggettiva: Quentin Müller e Marianne confondono vendetta personale e indagine investigativa

Plagio, citazioni dubbie, invenzioni, costruzione narrativa soggettiva: Quentin Müller e Marianne confondono vendetta personale e indagine investigativa
Plagio, citazioni dubbie, invenzioni, costruzione narrativa soggettiva: Quentin Müller e Marianne confondono vendetta personale e indagine investigativa
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Espulso dal Marocco nel 2023, Quentin Müller pubblica in questi giorni una serie di articoli accusatori nei confronti del re Mohammed VI. Ci sta tutto: citazioni dubbie, costruzione narrativa basata su presupposti poco supportati, elementi che ricordano fortemente opere precedenti dedicate al monarca marocchino, senza però dar loro credito. Nonostante gli avvertimenti, Marianne, la sua datrice di lavoro, perdona questa palese mancanza di integrità intellettuale.

“È successo che ha picchiato un collega” : ma da dove potrebbe aver tratto questa frase? nel libro, uscito nel 2012, di due (ex) giornalisti francesi, Éric Laurent e Catherine Graciet, condannati nel marzo 2023 a un anno di carcere e 10.000 euro di multa, giudicati colpevoli di aver tentato di ricattare il re del Marocco nel 2015 chiedendo ingenti fondi per non pubblicare un libro d’accusa contro la monarchia. “M6 il despota”il titolo di questa nuova ricerca non giornalistica, è già partito molto male.

“Un parente del re racconta”, “scivola un ex diplomatico senior”, “ex stretti collaboratori” del re Mohammed VI intervistato: Quentin Müller, vicedirettore del servizio internazionale della rivista francese Mariannedopo la sua espulsione dal Marocco il 20 settembre 2023 per lavoro clandestino, ha moltiplicato gli articoli tendenziosi contro il regno come vendetta. Questa volta si spinge ben oltre i confini dell’etica giornalistica moltiplicando citazioni non autenticate che mettono in dubbio la veridicità di una serie di documenti sul re Mohammed VI: testimonianze anonime, affermazioni non ufficiali e insinuazioni sottilmente velate che ne minano gravemente la qualità informazioni. Quentin Müller non ha incontrato nessuno.

Le citazioni fornite a “ex diplomatici” o a “vicino al re” sono false e sembrano servire da canale per il giudizio personale dell’autore piuttosto che da vera testimonianza. Non citando alcuna fonte identificabile, Müller sembra aver creato una storia orientata alla narrazione, più vicina alla finzione che all’indagine fattuale, sebbene Barlamane.com abbia già messo in guardia sulle pratiche discutibili di questo giornalista.

La costruzione equivoca di ciò che presenta questa volta è satura di citazioni indirette che, cinicamente poste sotto il sigillo della testimonianza, a sostegno di un quadro caricaturale che dovrebbe ripercorrere la vita del re Mohammed VI. I testi di Müller evitano ogni contestualizzazione a favore di un accumulo di frasi shock. In questo, l’editorialista chiaramente non cerca di informare, ma di modellare un’immagine sensazionalistica a scapito di ogni accuratezza.

L’aspetto apocrifo delle citazioni pone un problema ancora maggiore poiché il giornalista scadente adotta un tono accusatorio e si impegna in giudizi personali presentati con il pretesto di imparzialità. In questo Müller tradisce il principio di obiettività, sostituendo un’indagine basata sui fatti con un resoconto parziale in cui si arroga il diritto di costruire una realtà distorta. La ripetizione di formule simili in opere precedenti dimostra che Müller si è sicuramente ispirato a scritti esistenti per costruire il suo testo pigro. È colpevole non solo di appropriazione intellettuale, ma anche di disinformazione, poiché gli elementi che presenta come nuovi o inediti sono in realtà velate ripetizioni di indagini passate. Ciò costituisce un grave tradimento del giornalismo d’inchiesta, che richiede originalità nella trattazione e rispetto delle fonti.

L’immagine “di un re indebolito, di un sovrano staccato dal suo popolo e alla deriva”è un’idea già sfruttata in lavori precedenti. Qui la penna di Müller sembra aver attinto alle stesse fonti, ma senza menzionarne l’origine, il che solleva una questione di plagio narrativo.

Il pazzo del re

Il passaggio sui legami tra il re Mohammed VI e i fratelli Azaitar, descritti da Müller, riprende anche elementi presenti in articoli più vecchi, che già dipingevano il ritratto di questi combattenti di MMA come figure imponenti attorno al re, un cliché riproposto fino alla nausea. È sorprendente che Müller non menzioni direttamente le fonti da lui utilizzate. Questa omissione può essere interpretata solo come un tentativo di appropriazione volto a dare un’impressione di novità a fatti che, in realtà, nuovi non sono più. Questa strategia prevedibile sembra fatta su misura per i lettori che stanno ancora leggendo Marianneche potrebbe credere alla freschezza di queste informazioni, ma ad un occhio informato tradisce una debolezza nella ricerca e nella documentazione e un lavoro scadente.

Tutto ciò che viene presentato nella penna è riassunto in frasi generali, espresse senza alcun reale ancoraggio a dati economici, politici, sociali o osservazioni oggettive. L’insinuazione sostituisce, ancora una volta, la profondità e l’onestà intellettuale. Attraverso questo gioco di citazioni vaghe e prestiti impliciti da inchieste precedenti, Müller dimostra che non è facile digerire un’espulsione dal suolo marocchino. Prossimo “indagine”: lo stile di abbigliamento del re Mohammed VI?

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