Teatro: dire la verità nelle canzoni

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Il regista franco-svizzero Alexandre Doublet propone una seconda versione di uno spettacolo ispirato al Platonov di Cechov. Da scoprire dal 15 maggio a Vidy-Lausanne, prima di una visita francofona.

Ci sono solo canzoni di varietà che dicono la verità (nuova generazione): con Estelle Bridet, Emeric Cheseaux, Christian Cordonier, Aurélien Gschwind, Malika Khatir, Baptiste Mayoraz, Mélody Pini, Anne Sée, Samuel Van der Zwalmen. © Olivier Lovey

Ci sono solo canzoni di varietà che dicono la verità (nuova generazione): con Estelle Bridet, Emeric Cheseaux, Christian Cordonier, Aurélien Gschwind, Malika Khatir, Baptiste Mayoraz, Mélody Pini, Anne Sée, Samuel Van der Zwalmen. © Olivier Lovey

Pubblicato il 05/10/2024

Tempo di lettura stimato: 5 minuti

Nove attrici al servizio di Čechov e del regista Alexandre Doublet, attuale direttore del Teatro Alambic di Martigny. All’origine del progetto: Platonov. Doublet ha l’ispirazione di mettere in scena uno spettacolo dal titolo melodioso: Luici sono solo varie canzoniEe chi dice il verite (nuovo gInerazione). La parentesi qui non è innocente. Segna una differenza tra la prima versione dello spettacolo, realizzata 12 anni fa e articolata in tre episodi, e la versione odierna, in sintonia con i nostri tempi, anch’essa più compatta (circa 4 ore).

Maestro del suo stato, seduttore per dispetto, Platonov è un personaggio tanto accattivante quanto ambiguo. Scritta intorno al 1880 (Cechov aveva allora 18 anni), l’opera trasmette gli slanci appassionati e le esitazioni di un giovane alla ricerca di se stesso. Alexandre Doublet, estimatore dello scrittore russo (di cui ha già realizzato due adattamenti Il frutteto dei ciliegi), analizza la pertinenza di Platonov, sempre moderno. Ha dato il ruolo principale ad Aurélien Gschwind, un’attrice trans femminile.

Cosa ti attrae di più di Cechov?

Alexandre Doublet: Il fallimento della parola. Con questo intendo dire che i suoi personaggi non riescono mai ad esprimere ciò che vogliono dire. Questo fallimento è inquietante perché ci riporta alla nostra vita, spesso sconvolta dalle sconfitte. Non dobbiamo dimenticare che Cechov era un medico, sapeva di dissezione, la sua scrittura entra nella carne dei personaggi per illuminarne la bellezza così come i loro disturbi. Pensava che non ci sarebbe riuscito la prima volta? Non lo so. In ogni caso ha rielaborato più volte Platonov. Con ogni mia produzione ho avuto la sensazione che la sua scrittura svelasse un nuovo segreto, come il corpo umano che, di esame in esame, rivela una parte sconosciuta di sé.

Nuova generazione, specificalo nel titolo. Cosa è cambiato nella nostra società dal 2012?

Ho parlato prima di un fallimento della parola, ma dal 2012 la parola è stata liberata. Platonov è un pezzo commovente che rimane aperto a molteplici letture. Da 12 anni esiste, Il consenso, romanzo di Vanessa Springora, le recenti posizioni di Judith Godrèche, tra gli altri. Anche i diritti sociali sono stati rafforzati, penso qui al matrimonio per tutti. E poi c’è questo punto per me molto importante: la rappresentazione dei corpi e delle voci su un palco.

“Per questa ricreazione ho pensato ad una playlist che tenesse conto dei gusti del pubblico presente in sala”
Alessandro Doublet

Cioè?

Ho 43 anni. Quindi sono cresciuto in un mondo di persone eteronormative, considerato allora l’unico legittimo. Adesso volevo “rompere” questa normalità, dire che il modello sociale non è più solo quello degli etero e dei bianchi; che la nuova generazione è anche quella dei meticci, neri, gay, trans, ecc.

Ti stai allontanando un po’ da Cechov, vero?

Ho cambiato il numero dei personaggi e i loro nomi, ma in termini di temi non credo di discostarmi dall’autore. In Platonov, parla di moujik, lotta di classe, razzismo, femminismo soprattutto attraverso il personaggio di Anna Petrovna, una giovane vedova che fuma e beve. Certo, oggi la libertà delle donne non si limita a questo, per fortuna. In scena è quindi necessario tradurre diversamente il pensiero dello scrittore. Ti ricordo che il suo pezzo, un po’ disordinato, contiene dei “vuoti” che offrono tanti spazi di riflessione. Cechov propone una forma di sociologia: la storia del gruppo (amici, vicini, famiglia, ecc.), la storia d’amore, la storia politica… Come risuona questa forma nel nostro tempo? Mi pongo questa domanda.

L’opera contiene i semi delle idee rivoluzionarie russe. Lei parla di “crollo” su questo tema. Che legame con noi?

Quando ho deciso di ricreare lo spettacolo, nel profondo avevo questa sensazione di crollo del nostro mondo, un mondo in cui i giovani non ritrovano più se stessi. Vivono con questa domanda: cosa accadrà? Nella commedia, i personaggi che si riuniscono per festeggiare sanno che la società esterna sta cambiando. Questa coscienza è simile alla nostra. Ciò che Cechov dice implicitamente è che c’è qualcosa da inventare se non vogliamo affondare. Ne siamo capaci?

Chi sono i Platonov di oggi?

OH! È difficile rispondere a questa domanda perché Platonov è “un’assenza di carattere”. In altre parole, è questo giovane che è già annoiato dalla vita, che filosofeggia molto, come Platone di cui porta il nome, ma la sua riflessione non porta a nulla. Quindi ti lascio immaginare le innumerevoli persone a cui potrebbe assomigliare.

Lei ha parlato di “rappresentazione delle voci”. Concludiamo con le canzoni. La loro scelta è adatta anche ai nostri tempi?

Le canzoni sono lo specchio dei monologhi interiori. 12 anni fa ho scelto quelli dei varietà (Sylvie Vartan, Lio, tra gli altri), che ascoltavo anch’io da adolescente. Per questa ricreazione ho pensato ad una playlist che tenesse conto dei gusti del pubblico in sala. Parte da Françoise Hardy e dalla sua canzone Il tempo dell’amorea Pierre Garnier, l’ultimo vincitore del Accademia delle stelle. Quanto basta per far incontrare il contemporaneo e il classico in cui anche le nuove generazioni si riconosceranno.

>Solo le canzoni pop dicono la verità (nuova generazione), Théâtre de Vidy-Lausanne, dal 15 al 25 maggio. Poi tour in lingua francese.

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