Pedro Almodovar vince il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia per 'La stanza accanto'

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Pedro Almodovar riceve il Leone d'Oro della Mostra del Cinema di Venezia per il suo film “The Room Next Door”, a Venezia (Italia), il 7 settembre 2024. MARCO BERTORELLO/AFP

Finalmente consacrato, a 74 anni e dopo venti lungometraggi: sabato 7 settembre la giuria della Mostra del Cinema di Venezia, presieduta da Isabelle Huppert, ha deciso di assegnare il Leone d'Oro a Pedro Almodovar per La stanza accanto.

Girato per la prima volta in inglese e interpretato dalle attrici Julianne Moore e Tilda Swinton, questo dramma segue la riunione di due amiche, una scrittrice di romanzi, l'altra reporter di guerra, sullo sfondo di una malattia. In una triste ironia, il personaggio di Tilda Swinton ha un cancro incurabile e decide di organizzare la sua morte trovando la pillola giusta sul dark web.
Ritroviamo in questo film le inquietudini crepuscolari che il regista spagnolo ha già dispiegato, in particolare in Dolore e gloria (2019). Su un argomento così serio, il duo di attrici riesce a infondere un'atmosfera tenera che non è mai morbosa, a volte persino arricchita da un certo umorismo. Tuttavia, il film conserva questo classicismo e questa immagine levigata che a volte lascia distanti – così il flashback che mostra la reporter sul campo in Iraq è abbastanza improbabile.

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Il Leone d'Argento, Gran Premio della Giuria, è andato a un altro dramma, questa volta pastorale, Vermigliodell'italiana Maura Delpero: durante la seconda guerra mondiale, la storia segue la vita quotidiana di una famiglia numerosa, in un villaggio arroccato sulle montagne italiane, che accoglie due disertori con più o meno gentilezza. La telecamera si concentra sulle azioni dei fratelli, in particolare delle sorelle, il cui desiderio di indipendenza non verrà del tutto soddisfatto. Delicato, scrutando le emozioni sessuali dei due più grandi, e il senso di colpa che ne consegue, Vermiglio soffre dei limiti del suo stesso programma, quelli di un film sul tema dell'emancipazione, i cui motivi si possono intuire fin dalle prime inquadrature.

Il premio per il miglior risultato è stato assegnato a Il brutalistadell'attore e regista statunitense Brady Corbet, un grande affresco in due parti (più di tre ore) che ripercorre la vita dell'architetto Laszlo Toh: ebreo nato in Ungheria e sopravvissuto a un campo di concentramento, cerca di ricostruirsi una vita a New York. Il film segue le vicissitudini di questo sogno americano, che per un po' somiglierà a una fiaba quando un ricco proprietario lo prenderà sotto la sua ala con la famiglia, affidandogli un vasto progetto edilizio. La discesa, però, sarà amara. L'epopea ha respiro ma la sua estetica non sfugge alla magniloquenza, così come l'interpretazione esuberante di Adrien Brody, che può stancare.

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