Lo straordinario attore Eric Elmosnino interpreta il ruolo principale di “Misanthrope”, diretto dal sempre sottile Georges Lavaudant al Domaine d’O, a Montpellier, dal 24 al 29 gennaio. Ha risposto alle domande di Midi Libre tra due prove.
Come è nato questo nuovo progetto “Misanthrope”?
Con Jo (Georges Lavaudant ndr) avevamo già lavorato insieme molto tempo fa. Ci siamo rivisti forse, non so, un anno, un anno e mezzo fa, in un teatro dove recitavo in quel momento. Ci siamo detti: “ti pensavo”, “anche a me”, ci ha fatto ridere, allora ci siamo detti che dovremmo rivederci, avere ancora un po’ di tempo, per strada, insomma. “Sì, va bene. » Mi ha richiamato un po’ tardi, chiedendomi cosa pensavo del Misantropo. “Non lo so, mi rileggerò.” (ride)
Allora non gli hai chiesto perché proprio questo Molière?
Non c’è bisogno. Il Misantropo è una delle grandi opere del repertorio e Alceste, per un attore, è un ruolo incredibile. Non ci sono domande da porre, devi provarci; siamo felici. Poi, quando si avvicina il momento di lavorarci, è un’altra cosa! (ride)
Cosa ti dice “Il Misantropo”?
Ma quante cose! Quando lo leggi, inevitabilmente ti chiedi se potresti avere qualche affinità con questo signore, questo giovane nella vita reale. Oltretutto mi sono posto la questione dell’età: sono tutte le cose che dice, tutte queste convinzioni, ma è meglio se sulla bocca di un giovane di 30 anni che ha la vita davanti e che vuole una sorta di assoluta purezza e radicalità; che può essere toccante. Poi, in bocca a uno come me, potresti dire a te stesso che ha passato un paio di cose, quindi è strano che sia lì. (ride) Ma alla fine, può essere toccante anche in un altro modo…
Poi, come per raccontarvi esattamente cosa dice il pezzo, ne scopriamo ogni giorno nuovi aspetti. Questo è il bello di un classico come questo, se sei serio per due minuti: è più grande di te, sarà ancora lì quando non ci sarai per molto tempo, e nuovi attori continueranno ad arrivare. strofinalo. Quindi proviamo a prenderlo il più seriamente possibile e vedremo se io, attore, avrò la possibilità di farlo venire un po’ a trovarmi. Sembra una follia dirlo ma, a un testo del genere, non si possono attaccare le proprie idee, i propri stati d’animo, sarebbe stupido, non funzionerebbe. Dobbiamo sperare, anche pregare, che si degni di venire a salutarci!
Georges Lavaudant ci lascia sospettare ciò che Alceste spera da te: inquietante, ridicolo, divertente?
Normalmente, dovrebbe essere tutto questo perché il ruolo contiene tutto questo, non dipende da me o da Jo. Cerchiamo di espandere il campo delle possibilità, di vedere fino a che punto può arrivare senza che diventi qualcos’altro. Alceste è costantemente in lotta, in rabbia, contro se stesso e contro il mondo intero; lui è quello ma non è solo quello. Può anche essere un bambino indifeso. Parla solo di sincerità ma può essere insincero (con Oronte, all’inizio, per esempio). Ecco, proviamo a vedere fin dove possiamo arrivare, prendendo tutto per oro colato e comprendendo tutto quello che diciamo (il che non è così semplice).
Hai già avuto a che fare con Molière parecchio…
…Sì, ma non ai suoi pezzi alessandrini, fino ad allora, e questo cambia tutto! Quindi il mio lavoro prevede questo: una decostruzione per raggiungere il significato, e il lavoro del verso. Si tratta di rispettare la musica senza esserne intrappolati. Dobbiamo riuscire a fare affidamento su questa singolare bellezza per realizzare qualcosa di umano. Come se fossimo sopraffatti da questi sentimenti e potessimo esprimerli solo in questo modo. Funziona, cosa!
In effetti, sembra che tu lavori continuamente, in teatro, al cinema, in serie e senza eccezioni…
Sì, ho fatto teatro privato dopo aver fatto molti lavori sovvenzionati. Al cinema, lo stesso, in famiglie diverse, perché era quello che amavo da spettatore: il cinema popolare con questi attori che ti piace vedere di film in film. Poi non ho fatto solo grandi cose ma questo non conta.
Sentiamo che ti piace lavorare…
Mi piace lavorare? Pfff… (ride) Sì, beh è vero, mi piace, ma soprattutto mi piacciono le storie, le avventure. Lì per esempio non volevo a tutti i costi fare Il Misantropo, non era il sogno di un attore, non mi ero mai detto che un giorno avrei dovuto farlo… No, è Jo, è il mio rapporto con lui, la voglia di fare tanta strada insieme. Poi, guardando la cosa più da vicino, come attore, ci diciamo che, comunque, non è male fare qualche compito ogni tanto. Sì, è bene mantenerlo. Ed è buono! (ride)
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