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Chi si ricorda di Carlos Tavares?

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Abbiamo il suo nome sulla punta della lingua. Ma sì, ricordatevi di questo boss dell’automobile, quest’uomo licenziato una domenica sera di dicembre. Era meno di due mesi fa, era una vita fa.

Sono successe così tante cose a Stellantis dalla cacciata di Carlos Tavares che quasi dimentichiamo il suo nome. Soprattutto da allora tutte le decisioni prese, dall’inizio di questo mese di dicembre che gli è stato fatale, sono il contrario della politica da lui perseguita per anni alla guida del gruppo. Peggio di un disconoscimento: è un biglietto di sola andata per l’oblio della storia di questa azienda, in parte, più che centenaria.

Cattiva atmosfera? Dal passato

I rapporti tesi tra il management e i suoi fornitori, le sue reti e persino i suoi dipendenti? È finita, o almeno il conflitto virile apertamente mostrato come tale non è più rilevante.

La negazione assoluta che da tempo funge da politica della casa in termini di qualità (deplorevole) Blocchi Puretech? Si è trasformata in una confessione, in un’estensione di garanzia e, infine, in un risarcimento. Un piano messo in atto, così come il risanamento della rete e dei fornitori, da Jean-Philippe Imparato, responsabile Europa all’origine di questo piano, giudiziosamente chiamato “Reconnect”.

Isolamento, e sempre gusto del conflitto, rispetto agli altri produttori europei? La voce dissonante di fronte a Bruxelles? Anche questo è finito. Stellantis è tornata in ACEA, l’associazione che riunisce tutti i marchi e il cui nuovo presidente è Olla Källenius, il patron della Mercedes. Un’organizzazione dalla quale Carlos Tavares ha chiuso la porta due anni fa.

La pipì di Washington? L’azienda odiata dall’amministrazione Biden durante il lungo sciopero della UAW? Quello odiato da Donald Trump perché straniero? Un conflitto ancora una volta scomparso, perché il primo sta facendo le valigie e il secondo potrebbe essere piuttosto conciliante con Stellantis.

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John Elkann, il dandy che vuole far dimenticare i conflitti. Credito fotografico: EPA/MAXPPP.

Una svolta generale dovuta a un uomo: John Elkann, presidente del gruppo e capo operativo ad interim. In un’affascinante inchiesta per la rivista Il puntola giornalista Béatrice Parrino segue il dandy italiano e svela le sue reti dove troviamo il suo amico Elon Musk e il suo amico Mark Zuckerberg. Elkann è appena entrato nel consiglio di amministrazione di Meta. Una posizione, e amici, molto pratica per avere l’ascolto del nuovo capo della Casa Bianca in un momento in cui quest’ultimo desidera cacciare guai per qualsiasi azienda non americana.

È Elkann anche a guidare gli altri cambi di direzione del gruppo. La pipa della pace è stata fumata soprattutto con i vari interlocutori di Stellantis. Il presidente del gruppo sarebbe davvero un bravo ragazzo rispetto a Tavares, il vero cattivo?

Un finto bravo ragazzo dopo un vero cattivo?

Non commettere errori. L’erede Agnelli, boss della Ferrari, della holding Exor che riunisce gli interessi di famiglia e amministratore delegato della galassia dei 14 marchi, potrebbe sfoggiare un grande ed eterno sorriso,È tuttavia sufficientemente carnivoro da adottare atteggiamenti molto appropriati, qualunque sia la loro etica. Il suo riavvicinamento al lato tecnologico che si stringe attorno a Trump non è legato al bell’aspetto di Mark Suckerberg o al carisma di Musk, ma piuttosto alla loro vicinanza al nuovo presidente.

Ma c’è un altro segno che dimostra, se necessario, che Elkann non è solo un ragazzo ben educato e con un pedigree prestigioso. Stellantis è stata creata il 16 gennaio 2021. Per quasi quattro anni, l’italiano è stato il suo amministratore delegato e da più di tre anni Carlos Tavares è stato il suo direttore generale. Durante il mandato di quest’ultimo, le sue azioni, le sue abbattimento dei costi eccessivamente era noto a tutti, e soprattutto al consiglio di amministrazione.

Finché il margine operativo aumentava vertiginosamente e il risultato esplodeva, questo metodo andava bene a John Elkann. Oggi i tempi sono cambiati e sembra che sia giunto il momento di un governo gentile, compresi i cattivi americani. Puro opportunismo, dicono questi detrattori, indispensabile capacità di adattamento, ribattono i suoi ammiratori.

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