Negli ultimi anni, André Robitaille ha realizzato importanti interviste con Janine Sutto, Jean-Pierre Ferland, Dominique Michel, Béatrice Picard e Antonine Maillet. L’attore e conduttore vede queste interviste come un modo per parlare dell’eredità e della vita delle personalità che hanno plasmato la nostra cultura. Ora tocca a Ginette Reno confidarsi con lui.
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André, perché hai scelto di parlare con Ginette Reno?
Io e Ginette ci conosciamo da diversi anni. L’ho avuta spesso come ospite nei miei spettacoli, con lei ho fatto anche moltissimi sketch. Abbiamo fatto un sacco di cose stupide insieme. Ma mi attrae per l’ampiezza della sua carriera e per la donna che è. In queste interviste faccio di tutto per non fare una biografia, un CV, insomma la solita intervista. Cerco umilmente di fare filosofia con i miei ospiti. Ginette ha 65 anni di carriera ed era assolutamente necessario farla parlare, anche se di interviste ne ha già rilasciate tantissime. Non sto reinventando la ruota: siamo due artisti che condividono la loro professione e la vita.
Conoscerla bene ti ha permesso di avvicinarti più facilmente a certi argomenti?
Sì, ma è ancora tutto d’intralcio. Il problema con questi magnifici anziani – e uso la parola “vecchi” con amore – è che rilasciavano moltissime interviste. Sanno colpire, sanno raccontare, sanno quali storie ci interesseranno. Con queste persone, e in particolare con Ginette, cerco di manovrare per evitare di cadere nelle nostre abitudini televisive. Potremmo dire che è anti-tv, perché ci sono i silenzi, la lentezza, l’ascolto… Oserei dire addirittura che c’è l’ostinazione. Tutto questo dà un colore originale ad un’intervista che potrebbe somigliare alle altre, ma con quello che ho appena detto dona altre sfumature.
ARCHIVIO FOTO/JOURNAL DE MONT
Lo spettacolo è stato prodotto da tre interviste girate in luoghi significativi per Ginette Reno.
C’è la chiesa (della parrocchia dell’Immacolata-Concezione) situato all’angolo tra le vie Rachel e Papineau. È un luogo che ha frequentato molto, da bambina e da adolescente. La spiritualità è molto importante per lei e volevo affrontarla, sia che si trattasse della fede cattolica o della spiritualità. Avevo voglia addirittura di osare confrontarmi con lei sulla fede cattolica, sulla fede cristiana. Cosa ne pensa oggi? Comunque ne abbiamo parlato insieme e, ovviamente, abbiamo parlato della sua infanzia quando eravamo davanti alla casa di Marquette Street dove è cresciuta. La terza location è la sua sala prove, nella sua casa a Boucherville.
Puoi dirmi di più sui temi e sugli argomenti trattati nello spettacolo?
Ce ne sono molti, perché abbiamo 52 minuti di intervista. Certo è che parliamo della sua infanzia molto difficile, in una famiglia piena di dipendenze e violenza. In che modo tutto ciò ha plasmato la donna che è oggi? Il suo lato più o meno lucido viene da lì. Riguarda anche il suo punto di vista sul suo talento. Cosa significa per lei cantare? Parliamo anche del suo legame con René Angélil e di come vede oggi le carriere come quella di Céline. Osa parlare delle sue dipendenze con grande trasparenza. Sì, c’è il cibo, ma ci sono altre cose. Discutiamo del suo rapporto con il suo corpo, quello di oggi e quello di ieri. Abbiamo dei momenti molto commoventi parlando di questo. Se riuscirà ad ispirare le persone che ci ascoltano, penso che Ginette sarà felice.
Foto: /TVA
Cosa hai ottenuto dai tuoi incontri?
Quello che viene subito in mente è che è partita tutta storta, per poi diventare una gran signora che fa vibrare i cuori di tutto il mondo francofono e ancor di più, perché ha lavorato molto in inglese. E questo mi ispira molto. Questo è ciò a cui alzo il bicchiere, alla fine della nostra intervista. È violento, tutto quello che mi dice. Lascerò che lo racconti con parole sue, perché è troppo privato e delicato.
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