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In “Abbé Pierre, 50 anni di impunità”, un regista testimonia: “Nel 2007, il silenzio era totale!”

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Trasmesso questa sera su BFMTV, il documentario di Michaëlle Gagnet ripercorre gli attacchi commessi dal sacerdote. Dà voce alle vittime e a Patrick Charles-Messance, un regista che ha provato a produrre un film dopo la morte dell’abate nel 2007. Incontro.

L’abate Pierre, qui nel 1999, è morto nel 2007. A quel tempo molti già sapevano che l’icona della lotta alla povertà era coinvolta in casi di violenza sessuale. Foto Gilles Bassignac/Gamma Rapho

Di Elisa Racque

Pubblicato il 12 gennaio 2025 alle 19:00

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Dda quando sono apparse, nel luglio scorso, le prime testimonianze che accusavano l’icona di Emmaus di numerose violenze sessuali, le inchieste giornalistiche si sono moltiplicate. Michaëlle Gagnet dà il suo contributo con il suo documentario molto denso Abbé Pierre, 50 anni di impunità, trasmesso su BFMTV. Oltre alle sorprendenti testimonianze delle vittime già lette sulla stampa, la sua storia illustra ciò che gli archivi rivelano poco a poco: molti sapevano. Ad Emmaus, nella gerarchia cattolica e nella cerchia familiare del sacerdote. Anche un regista aveva sentito parlare della violenza di cui era capace Henry Grouès. Nel 2007, quando il religioso era appena morto, Patrick Charles-Messance incontrò diverse donne che gli confidarono di violenze sessuali, tra cui la modella e artista Sanda Slag, ex amica dell’abate Pierre. Patrick Charles-Messance ha inviato a Michaëlle Gagnet le due cassette dell’intervista girata nel 2007, mai resa pubblica fino ad allora nonostante un progetto cinematografico proposto a numerosi canali televisivi. Ritorna a questo momento in cui il silenzio avrebbe potuto essere rotto.

Nel 2007, perché ha deciso di indagare sull’abate Pierre?
È la storia di Jean-Christophe Ménétrier, quest’uomo convinto di essere il figlio dell’abate Pierre, che mi ha fatto la soffiata. Aveva appena pubblicato il suo libro, che fu accolto molto male dalla critica. La sua storia, vera o falsa che fosse, mi ha fatto venire voglia di scavare più a fondo. L’ho conosciuto, mi ha fatto ascoltare le registrazioni sonore dell’abate, che non riconosce mai di essere suo padre. Ma ero turbato. Poi sono entrato in contatto con la cantante e modella Sanda Slag, grande amica dell’abate negli anni ’80 e ’90. Sapendo che aveva il cancro, ho deciso di filmare la sua intervista, con il suo consenso. Mi ha confidato fatti estremamente brutali e scioccanti. Attacchi ricorrenti al seno, così violenti da lasciarla con lividi. Racconta anche due scene in cui l’abate all’improvviso si spoglia completamente. Una di queste scene si è svolta in un appartamento parigino, vicino al Pantheon, alla presenza della figlia di Sanda. L’altro si svolge a casa di Sanda. Dice che lui le porge un pugnale, dicendole che vuole che gli venga amputato il pene. Ciò fa eco al suo primo tentativo di mutilazione da bambino, che abbiamo recentemente scoperto in un articolo su Mondo.

Cosa fai dopo aver raccolto questa testimonianza?
Ho conosciuto altre due donne, che mi hanno confidato atti di molestie e attacchi sistematici al seno. Parlo anche con alcuni membri della squadra che avevano messo in scena uno spettacolo con l’Abbé Pierre. Mi dicono che palpeggiava le donne durante le prove. Poi sto lavorando a un progetto di documentario. La mia idea non era quella di produrre un film incriminante, ma di dipingere il ritratto di un uomo complesso, di esplorare le sue zone grigie e le sue contraddizioni.

Perché questo film non ha visto la luce?
Non sono riuscito a trovare un’emittente. L’ho comunque proposto a quasi tutte le grandi catene francesi, pubbliche e private, così come alle catene più piccole. Nonostante i promemoria, non ho avuto molti feedback. O si trattava di silenzio, che è una forma di risposta, oppure di rifiuto. I pochi che hanno risposto mi hanno spiegato che l’Abbé Pierre era intoccabile. Ricordo che il direttore di un canale all’inizio era molto disponibile e perfino entusiasta. Ma dopo aver letto il file, era più riluttante e non ho più avuto sue notizie. Anche se presentassi fatti concreti, dovete credere che non fosse il momento adatto. Sicuramente allora non fu trasmesso, un po’ mi aspettavo questo rifiuto unanime.

Non hai condiviso queste informazioni con altri giornalisti?
Sarebbe stato inutile. Anche sulla stampa scritta nessuno avrebbe pubblicato, ne sono convinto. Inoltre alcuni erano anche consapevoli e non dicevano nulla. Allora il silenzio era totale! Era un’icona e le icone non le tocchi. Il successo di Emmaus dipendeva dall’abate Pierre, e si parlava ancora poco degli eccessi sessuali commessi dai preti. Io stesso ho avvertito una difficoltà morale: non vogliamo danneggiare una struttura che aiuta tante persone sfortunate. Ma c’è anche una verità da trasmettere.

Q Abbé Pierre, 50 anni di impunità, Domenica 12 gennaio, 20:50, BFMTV.

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