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Questi pittori di Charlevoix poco conosciuti…

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Non proprio, secondo Gabrielle Lajoie-Bergeron. L’artista, che lavora tra Charlevoix e Baltimora, fatica a spiegare come i nomi delle sorelle Yvonne e Blanche Bolduc, delle sorelle Bouchard, Jori Smith e Madeleine Laliberté siano ancora troppo spesso nell’ombra della storia del XX secolo. secolo.

“Le loro pratiche erano della stessa qualità di quelle degli uomini, ma come nel caso della storia dell’arte – e della storia in generale – erano compresse”, osserva fin dall’inizio, in un’intervista a Soleil.

Quest’ultima, lei stessa di La Malbaie, è interessata da diversi anni all’impatto di tutte queste donne sull’arte canadese. Loro che frequentarono anche gli ambienti artistici dell’epoca ed ebbero successo anche durante la loro vita.

Per Gabrielle Lajoie-Bergeron, immergersi in queste creazioni poco conosciute significa anche scoprire Charlevoix da una nuova prospettiva. Al di là delle montagne, dei campi e del fiume, aprono una finestra su un nuovo territorio: quello dell’intimo. Dove risplendono ritratti, giardini e scene di vita quotidiana.

Le opere del XX secolo, create dai pittori di Charlevois, riecheggiano il lavoro di artisti contemporanei e si integrano tra loro. (Gabrielle Lajoie-Bergeron)

“Spesso, le opere regionali che risalgono a questo periodo sono spesso associate a paesaggi: la casa, la tempesta, ecc. Sì, fa parte della nostra storia ma, quando scaviamo più a fondo, è pazzesco vedere che c’è una connessione con il misterioso, alle leggende, alla storia orale [à même les peintures]”, osserva l’artista 37enne, la cui pratica si ispira, tra le altre cose, al folklore, al territorio e alle storie collettive.

Per mettere in risalto queste creazioni e i loro designer poco conosciuti, Gabrielle Lajoie-Bergeron ha allestito la mostra Il ritorno dei corvi. Un progetto, il cui titolo prende spunto da un’opera della pittrice e artigiana Simone Mary Bouchard (1912-1945).

“Per me il corvo è un uccello spesso associato alle leggende, ai buoni o cattivi presagi, al folklore così come all’attualità, al passato e al futuro. È anche un animale astuto, che non si lascia prendere in trappola, che piange, che sta in gruppo. Spesso annunciano il loro ritorno al loro arrivo», elenca la donna che ha presentato le sue opere in diversi paesi.

La mostra Il ritorno dei corvi è costruito attorno a tele, ma anche sculture e installazioni che utilizzano materiali diversi.

Da una generazione all’altra

La nozione di ritorno è stata qui particolarmente importante per Gabrielle Lajoie-Bergeron. La mostra, allestita in collaborazione con il Musée de Charlevoix, presenta opere dei “pionieri di Charlevoix”, ma non solo…

Sette artiste contemporanee hanno realizzato nuove creazioni per l’occasione: Fanny Mesnard (Québec), Valérie Gobeil (Montreal), Vanessa Locatelli (Saint-Irénée), Audrée Demers-Roberge (Saint-Casimir), Marie-Fauve Bélanger (Portneuf), Alice Longpré (Victoriaville) più Rafaelle Carrière (Saguenay).

Nella foto: la curatrice Gabrielle Lajoie-Bergeron, la direttrice del Centre Inouï Julie-Andrée Tremblay e gli artisti Valérie Gobeil, Rafaelle Carrière, Audrée Demers-Roberge, Alice Longpré, Marie-Fauve Bélanger. (Pierre Rochette)

“Volevo creare una confraternita, un lignaggio di donne che parlano tra loro e che si influenzano a vicenda anche se diverse [pionnières] sono morti o che non si incontreranno mai”, sottolinea Gabrielle Lajoie-Bergeron, anche lei curatrice del progetto.

Al centro della mostra nasce un dialogo multigenerazionale, dove le opere si riecheggiano attraverso i loro temi, i loro materiali, i loro colori, ecc.

Come una panoplia di “piccoli frammenti che possono essere accostati” per permettere ai visitatori di creare una nuova storia, personale o collettiva.

La mostra Il ritorno dei corvi è presentato al Centre Inouï, a Saint-Siméon, fino al 20 aprile.