Lunedì 20 gennaio un tribunale di Delhi ha ordinato il sequestro delle opere raffiguranti divinità indù, realizzate dal grande maestro della pittura indiana, MF Husain, osserva L’indù nella sua edizione del 22 gennaio. Entrambi i dipinti raffigurano Hanuman, il dio scimmia, e Ganesh, il dio dalla testa di elefante, che tengono nelle mani e in ginocchio figure femminili nude. Sono stati esposti in una galleria della capitale indiana.
Questa decisione del tribunale è stata presa dopo una denuncia presentata da un avvocato, Amita Sachdeva. Quest’ultimo ritiene che le opere lo siano “offensiva” verso queste divinità indù.
Insultare le divinità indù
“MF Husain può essere il più grande artista del mondo, ma non ha il diritto di insultare le divinità indù”, ha sostenuto mercoledì un avvocato in un tribunale di Delhi. [Celui-ci] ha chiesto che fosse aperta un’indagine contro la galleria d’arte” e i suoi proprietari, aggiunge L’espresso indiano.
Questa petizione è stata presentata ai sensi di una sezione del codice penale indiano che punisce “atti deliberati e dannosi intesi a oltraggiare i sentimenti religiosi di un gruppo insultandone la religione o le convinzioni religiose”specifica il quotidiano indiano.
“Migliaia di persone hanno visto le nostre divinità… sono state ridicolizzate”, ha giudicato l’avvocato della parte attrice.
Una carriera segnata da polemiche
Maqbool Fida Husain è stato uno dei più grandi pittori indiani. Soprannominato il “Picasso dell’India”le ricorda BBC, “SLa sua carriera è stata segnata da polemiche. È stato in particolare accusato di oscenità dagli estremisti indù per un dipinto che rappresentava una dea nuda.
Nel 2006, Husain arrivò al punto di scusarsi pubblicamente per il suo dipinto “Madre India”. L’opera raffigura una donna nuda inginocchiata a terra, creando la forma della mappa dell’India. Lasciò il Paese lo stesso anno e andò in esilio a Londra fino alla sua morte nel 2011.
Nel 2008, la Corte Suprema dell’India ha rifiutato di sporgere denuncia penale contro Husain, ritenendo che i suoi dipinti non fossero osceni e che la nudità fosse comune nell’iconografia e nella storia indiana.
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