La pittura di Augustin Frison-Roche non dovrebbe essere giudicata dalle fotografie. È appiattito, banalizzato e sembra essere un semplice lavoro di illustrazione. Talento, certamente – l’artista ha una notevole padronanza del disegno – ma troppo fluido, troppo saggio. Al contatto con le opere la percezione cambia. Prendiamo coscienza dell’intensità dei colori, della sovrapposizione di materiali e motivi, delle macchie che macchiano la superficie dipinta.
Mostrare la Scrittura
Le volte medievali del Collège des Bernardins a Parigi sono particolarmente adatte alle opere di Augustin Frison-Roche, riunite sotto il titolo Epifanie. Quest’opera si inserisce in una tradizione pittorica molto lunga, per la presenza di fondi oro o per il fatto di utilizzare spesso pannelli lignei anziché tele. Diversi dipinti sono stati realizzati appositamente per questi luoghi. In particolare, un grande pannello intitolato Canache, collocato in una rientranza ogivale, sembra essere sempre stato lì. Le macchie qui, ovviamente, evocano il vino. Pensiamo alla frase di Cézanne: “L’acqua si trasformò in vino, il mondo si trasformò in pittura. »
Augustin Frison-Roche, 37 anni, non limita il suo lavoro all’arte sacra. Ma senza dubbio si distingue. Il suo modo di mostrarci la Scrittura colpisce per la sua miscela di ieratismo e ingegnosità. Quindi questo immenso Culto dei Magi (350×460 cm). La parte destra del dipinto è piena di immagini aggrovigliate. Le mura di Gerusalemme, la testa di un elefante, un pavone, un cammello, i saggi. Sembra quasi un fumetto fantasy eroico… Questa massa dorata e colorata traccia una diagonale che scende verso sinistra dove c’è solo un bambino nudo, disteso sotto un immenso cielo stellato.
I riquadri dei sette giorni della Creazione hanno un forte potere evocativo, senza magniloquenza. Il sesto giorno è particolarmente toccante per la tenerezza espressa tra Adamo ed Eva. La dimensione carnale, così evidentemente presente, mostra che Augustin Frison-Roche poteva dare ancora più libertà al suo pennello.
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