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Grande retrospettiva della pittrice brasiliana Tarsila do Amaral a Parigi: Notizie

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Quasi 100 anni dopo la mostra che la fece conoscere a Parigi, Tarsila do Amaral, una delle principali artiste del modernismo brasiliano, è oggetto di una grande retrospettiva, “Painting Modern Brazil”, che inizia mercoledì al Musée du Luxembourg.

Fino al 2 febbraio sono esposte ai visitatori circa 150 opere, tra cui 49 dipinti di Tarsila do Amaral (1886-1973), il pittore più noto del Brasile, la cui opera ha contribuito a mettere in luce l’indigeneismo all’interno e all’esterno del suo Paese.

L’obiettivo della mostra è “uscire da questo discorso un po’ semplicistico secondo cui gli artisti stranieri arrivano a Parigi, imparano la modernità e se ne vanno altrove”, ha spiegato la curatrice Cecilia Braschi durante una visita alla stampa.

“Non ci sarebbe stato un progetto moderno di Tarsila se lei non fosse arrivata con il suo background brasiliano moderno in fase di formazione”, secondo lei.

Figlia di proprietari terrieri della regione di San Paolo, Tarsila do Amaral arrivò a Parigi nel 1920, e i suoi primi dipinti testimoniano una formazione accademica classica, erede dell’impressionismo.

In sua assenza, nel 1922, San Paolo organizzò una Settimana dell’Arte Moderna, con la pittrice Anita Malfatti e il poeta e drammaturgo Oswald de Andrade, altri ispiratori del movimento modernista brasiliano, un evento che fece scalpore.

Tarsila do Amaral si unì a questa nuova generazione per un certo periodo, poi tornò a Parigi. Dal 1923, l’artista, conosciuto nell’ambiente artistico francese, frequenta gli atelier di Fernand Léger e André Lhote.

– “Invento tutto” –

La pittrice esplora cubismo e fauvismo ma, come molti artisti sudamericani, il soggiorno a Parigi è soprattutto un’occasione per riflettere sul suo paese d’origine.

Il suo dipinto più famoso, “A Negra”, un grande ritratto frontale di una donna nuda dagli occhi orgogliosi, risale al 1923. Tarsila do Amaral spiegherà di essersi ispirata a un’ex schiava che viveva nella tenuta di famiglia.

Lo scrittore francese Blaise Cendrars prese in prestito l’immagine per la copertina di una raccolta di poesie.

Un altro dipinto, “A Cuca”, dai toni onirici, riproduce con colori vivaci un mostro del folklore brasiliano. “Invento tutto nella mia pittura. Ciò che ho visto o sentito, l’ho stilizzato”, testimonia l’artista, che presentò la sua prima mostra nel 1926.

Due anni dopo, il suo compagno, Oswald de Andrade, pubblicò il “Manifesto dell’antropofago” in cui proclamava la necessità di “divorare” le influenze culturali straniere e colonizzatrici.

La crisi del 1929 ebbe un impatto duraturo sulla famiglia dell’artista. Il suo lavoro, da questo momento in poi, si concentrerà sulla classe operaia.

Tarsila do Amaral ritornò definitivamente in Brasile nel 1932. Vi rimase fino alla sua morte, all’età di 87 anni, nel 1973.

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