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una sintesi dello studio sulla scomparsa dell’87% del patrimonio videoludico

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So che siamo nel 2025, ma come regolarmente accennato, la Video Game History Foundation ha pubblicato nel 2023 uno studio senza precedenti sulla disponibilità commerciale dei videogiochi. I videogiochi occupano ormai un posto essenziale nel panorama culturale ed economico del 21° secolo. In quanto espressione artistica e mezzo di intrattenimento, trascendono il loro status di semplice svago per diventare testimoni del proprio tempo. Tuttavia, persiste un problema importante: la loro conservazione e accessibilità. Come le opere letterarie o cinematografiche, i videogiochi meritano una tutela rigorosa per trasmettere la loro ricchezza culturale alle generazioni future.

Lo studio è un po’ datato, ma mi sono accorto che ve ne avevo già parlato quando vi ho parlato del caso dell’Evercade, e quindi mi sono preso un po’ di tempo per leggerlo integralmente e trarne quante più informazioni possibili.

Da questo studio risulta che preservare queste opere è complesso. A differenza dei libri o dei film, i videogiochi richiedono sistemi hardware specifici per funzionare. Inoltre, i diritti di proprietà intellettuale e gli ostacoli tecnologici creano barriere alla loro ripubblicazione o accessibilità. Questo studio esamina le sfide inerenti al mercato delle riedizioni storiche di videogiochi ed esplora il loro impatto sulla ricerca, sui giocatori e sull’industria nel suo complesso.

Il mercato delle ristampe dei videogiochi

Il mercato delle ristampe sta registrando una domanda crescente. I giocatori e i collezionisti nostalgici cercano attivamente titoli iconici dei decenni passati. Gli editori, consapevoli di questo potenziale commerciale, offrono collezioni retrò e remake modernizzati. Queste iniziative non si limitano alla semplice ripresa economica, anche se sembra preponderante, ma dimostrano anche la volontà di preservare il patrimonio videoludico.

Esempi notevoli illustrano questa tendenza, come ad esempio «Edizione Leggendaria» di Mass Effect o le collezioni “Super Mario All-Stars”. Queste iniziative dimostrano non solo l’interesse dei consumatori, ma anche l’impatto economico positivo di ristampe ben progettate. Tuttavia, nonostante questi successi, la stragrande maggioranza dei titoli storici rimane inaccessibile. Potremmo lamentarci dei Remake e degli altri Remaster, ma rappresentano un approccio rassicurante alla conservazione su sistemi sempre più omogenei.

Ostacoli alla disponibilità del gioco

Sfide tecniche delle ristampe

Ripubblicare un videogioco non è così semplice come riconfezionarlo. Le piattaforme moderne utilizzano architetture radicalmente diverse rispetto alle console retrò. Questa disparità rende il porting tecnico difficile e costoso. L’emulazione, spesso citata come soluzione, non sempre riesce a ricreare fedelmente l’esperienza originale, soprattutto per i giochi che richiedono accessori specifici (si pensi ai tappetini da ballo o alle periferiche come il Power Glove).

Sfide di licenza

Un altro ostacolo sono i diritti d’autore e di licenza. Molti giochi per i quali i diritti sono divisi tra diversi titolari: editori, sviluppatori, artisti o persino creatori di musica con licenza. Queste situazioni rallentano le ristampe, come nel caso di Occhio d’Oro 007la cui riedizione è stata ritardata per anni a causa di controversie sulla licenza.

Sfide di proprietà

Abbondano i casi in cui è difficile stabilire la proprietà di un gioco. Gli studi che hanno chiuso i battenti lasciano i loro cataloghi senza un proprietario ufficiale o in controversia legale. Queste incertezze legali gettano molti capolavori nell’oblio, a causa della mancanza di un soggetto interessato che li ristampi.

Chiusura dei negozi e degrado dei servizi digitali

I giochi solo digitali spesso scompaiono con le loro piattaforme. La chiusura del PlayStation Store per le console PS3 e PSP, annunciata e poi parzialmente annullata, ha rivelato questa fragilità. Centinaia di titoli sono stati minacciati di scomparsa, privando così giocatori e ricercatori dell’accesso legale a queste opere.

Anche le piattaforme attive non vengono risparmiate. Gli aggiornamenti di sistema o i problemi di compatibilità rendono alcuni giochi obsoleti. Questo problema riguarda anche i giocatori che acquistano titoli “a vita”, solo per scoprire che non funzionano più dopo un aggiornamento del sistema operativo. Quando non è l’editore stesso a togliere la licenza ai giocatori, come è avvenuto ancora con Ubisoft e The Crew.

Sfide per giochi fisici di seconda mano

L’aumento dei prezzi

Il mercato dell’usato, spesso visto come una soluzione, sta diventando sempre più proibitivo. Giochi che una volta erano accessibili per pochi euro, ora raggiungono centinaia o addirittura migliaia di euro a causa della loro rarità e della crescente domanda. Basta andare a un Cash Converter per vedere che i giochi per GameBoy o MegaDrive a volte sono più costosi di un titolo per PS4 o addirittura per Switch. Questo aumento dei prezzi è accompagnato da un’eccessiva speculazione. Alcuni investitori acquistano giochi rari in massa, gonfiandone artificialmente i prezzi. Questo fenomeno limita ulteriormente l’accesso alle opere storiche.

Per i ricercatori l’inaccessibilità dei videogiochi costituisce un vero ostacolo. Analizzare le meccaniche di gioco o le narrazioni dei titoli storici diventa quasi impossibile senza l’accesso diretto a queste opere.

Il controverso ruolo della pirateria

Sebbene illegale, la pirateria gioca paradossalmente un ruolo centrale nella preservazione dei giochi. Molti titoli sono accessibili solo tramite emulatori o copie non ufficiali, riempiendo il vuoto lasciato dall’industria.

Obiettivo dello studio

Questa osservazione evidenzia l’urgenza di documentare lo stato del mercato. Capire quanti giochi storici rimangono disponibili e valutare gli sforzi di ripubblicazione sono cruciali per guidare azioni concrete. L’obiettivo finale: garantire che le generazioni future non siano private di questa ricchezza culturale. Lo studio rivela anche una disponibilità allarmante: meno di Il 13% dei giochi usciti prima del 2010 sono ancora legalmente accessibili tramite piattaforme moderne. Questa cifra scende a meno del 4% per gli ecosistemi abbandonati. Questi risultati mostrano una chiara inadeguatezza negli sforzi di conservazione ed evidenziano la necessità di un cambiamento.

Sfumature dello studio e possibili soluzioni

Per invertire questa tendenza sono essenziali iniziative a livello di settore. La creazione di archivi universali, la semplificazione delle licenze e la collaborazione tra editori e istituzioni culturali potrebbero offrire una soluzione duratura. L’Europa potrebbe svolgere un ruolo cruciale. Attualmente, la preservazione dei videogiochi si basa principalmente su iniziative private e volontarie. Ma questi sforzi rimangono fragili. La legislazione europea consentirebbe alle istituzioni pubbliche, come la Biblioteca nazionale di Francia, di archiviare queste opere in modo legale e sistematico. L’esempio dell’Internet Archive negli Stati Uniti dimostra che un quadro giuridico può esistere, facilitato da buoni rapporti con le autorità.

Questo è, in sintesi, ciò che propone questo documento di 50 pagine in inglese. Per certe cose spalanca le porte, ma mette in luce le difficoltà a volte assurde di licenza o la vaghezza che circonda la proprietà di certi giochi, ostacoli inesistenti per altri media alla ripubblicazione o alla più facile conservazione.

Poiché i videogiochi dipendono da piattaforme hardware specifiche, sistemi operativi proprietari specifici e media che oggi a volte sono illeggibili, pur essendo soggetti a norme giuridiche e titolari di diritti complessi nel tempo, ma anche allo spazio (diversi editori per regione del mondo ad esempio) , comprendiamo che per il momento non esiste una soluzione ovvia al problema della conservazione.

Tuttavia, nonostante gli ostacoli, la preservazione del patrimonio videoludico sta andando avanti grazie all’impegno di tanti appassionati, come sottolinea Philippe Dubois, presidente dell’associazione francese MO5.COM. Ha anche sfumato lo studio e i suoi pregiudizi in un articolo su L’Avenir. Sostiene che la sopravvivenza dei vecchi giochi non dipende esclusivamente dalla loro riedizione commerciale ma si affida anche a un ecosistema di iniziative, a volte informali, che garantiscono che i videogiochi continuino a essere trasmessi alle generazioni future.

Pertanto, si evidenzia e sfuma che se l’87% dei giochi retrò non sono accessibili per l’acquisizione, e quindi commercializzati, ciò non significa che siano scomparsi. Ritorna all’emulazione e ai collettivi di volontariato che svolgono un ruolo vitale nella loro preservazione. Infine, se le scelte commerciali limitano le riedizioni, spesso i dati originali vengono salvati da qualche parte, anche in un vecchio floppy disk in fondo a una scatola…

In definitiva, lungi dallo scomparire, i videogiochi retrò continuano a vivere grazie alla passione e alla determinazione di chi si impegna a tutelare questo patrimonio culturale. Ma per garantire la loro accessibilità a lungo termine, l’azione collettiva e legislativa sembra essenziale.

E tu, conservi i tuoi videogiochi?

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