(Hannover) Migliaia di dipendenti della Volkswagen si sono licenziati lunedì negli stabilimenti tedeschi del gruppo, dicendosi pronti a un grande conflitto sociale, nel bel mezzo di una campagna elettorale, per evitare i licenziamenti presso l’azienda in crisi.
Aggiornato alle 11:53
Axel BRUNOTTE con Lea PERNELLE a Francoforte
Agenzia France-Presse
“Voi volete la guerra, noi siamo pronti”, recitava uno striscione tra la folla di dipendenti mobilitati ad Hannover (Nord), uno dei nove siti del Paese dove sono state osservate interruzioni del lavoro per diverse ore.
Con questo primo sciopero “di avvertimento”, il sindacato metallurgico IG Metall intende esercitare pressioni sulla dirigenza della casa automobilistica leader in Germania e in Europa, che sta valutando la chiusura di fabbriche e licenziamenti massicci per ripristinare la propria competitività.
“Ciò che mi dà più fastidio è che sono i vertici a commettere errori e noi a pagarne il prezzo”, ha detto all’AFP Michael Wendt, un operaio di Hannover.
“VW siamo noi”, recitava un cartello appeso alla finestra di un appartamento a sostegno dei manifestanti.
I dipendenti di Zwickau (Est) hanno manifestato ad alta voce la loro rabbia davanti ai cancelli della fabbrica: “Sono passati tre mesi da quando i loro posti di lavoro sono stati minacciati e aspettavano di poter finalmente mostrare cosa ne pensano”, ha dichiarato all’AFP un portavoce locale dell’IG Metall.
Nella sede dell’azienda a Wolfsburg (Nord), la presidente del potente comitato aziendale, Daniela Cavallo, si è rivolta agli scioperanti, denunciando una “svendita del sito industriale tedesco”.
Secondo l’IG Metall, dalla mattina sono 66.000 i dipendenti in sciopero sui 120.000 impiegati dalla VW in Germania, la marca di punta del gruppo, anche la più in difficoltà.
Gli scioperi proseguiranno fino all’alba di martedì, con turni notturni in diverse fabbriche.
Discussioni in stallo
Si tratta del primo passo di un movimento sociale che potrebbe assumere proporzioni senza precedenti se i rappresentanti della direzione e del personale non riuscissero a raggiungere un accordo sulle misure di ristrutturazione.
Simbolo delle difficoltà dell’industria tedesca, la crisi della Volkswagen assume una risonanza particolare nel pieno della campagna per le elezioni legislative del 23 febbraio nella più grande economia d’Europa.
L’IG Metall si è detta pronta per un conflitto sociale come la Germania “non sperimenta da decenni”.
La Volkswagen ha annunciato a settembre che stava preparando un drastico piano di risparmio, cercando di ridurre i costi di diversi miliardi di euro nelle sue fabbriche tedesche.
Si sono svolte tre sessioni di negoziazione tra direzione e sindacato, senza risultato.
“Dobbiamo ridurre le nostre capacità”, ha ribadito a novembre Thomas Schäfer, capo del marchio VW.
Secondo IG Metall, la Volkswagen prevede di chiudere tre stabilimenti in Germania, la prima nella sua storia di 87 anni. Il produttore ha dieci siti di produzione nel paese e circa 300.000 dipendenti.
Le due parti si incontreranno il 9 dicembre a Wolfsburg per un quarto round di trattative. Mercoledì si terrà un comitato aziendale presso la sede del gruppo, alla presenza dell’amministratore delegato della Volkswagen e del ministro del Lavoro tedesco.
Disastro industriale
Secondo gli esperti, la Volkswagen soffre di un rallentamento globale delle vendite di automobili, della concorrenza cinese, di modelli di batterie poco attraenti e di costi di manodopera più elevati rispetto ai suoi rivali.
Come la Volkswagen, l’intera industria tedesca vede il suo modello messo in discussione, confrontandosi negli ultimi mesi con una litania di piani sociali nell’industria automobilistica, chimica e siderurgica. Si prevede che l’attività economica del Paese subirà una contrazione nel 2024, per il secondo anno consecutivo.
La paralisi politica dopo lo scioglimento, all’inizio di novembre, della coalizione tripartita di Olaf Scholz, peggiora ulteriormente la situazione. Il rilancio dell’economia è emerso come una questione centrale nella campagna per le elezioni del 23 febbraio.
Il cancelliere socialdemocratico (SPD), Olaf Scholz, e il ministro dell’Economia Robert Habeck (Verdi), in lizza per le elezioni legislative, difendono entrambi i sussidi all’industria, in particolare per ridurre i costi energetici. I loro avversari conservatori, risultati vincitori dai sondaggi, vogliono frenare la spesa pubblica.
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