In futuro le indennità di disoccupazione per i lavoratori transfrontalieri potrebbero diminuire. Giovedì sera, i datori di lavoro e i sindacati francesi hanno accettato di presentare questa proposta al governo, riferisce “Le Temps”. Invitate a trovare il modo di risparmiare, le parti sociali hanno affrontato questa questione spinosa: i residenti francesi che hanno perso il lavoro in Svizzera (ma anche in Lussemburgo, Germania e Belgio) vengono indennizzati in relazione al loro ultimo trattamento svizzero. Dato il livello dei salari svizzeri, le indennità di disoccupazione a volte superano di gran lunga ciò che può guadagnare un dipendente che lavora in Francia.
Secondo un rapporto dell’Unédic (l’ente che gestisce l’assicurazione contro la disoccupazione in Francia), il compenso medio di un lavoratore transfrontaliero è in media di 2.670 euro al mese (nel 2023). L’idea avanzata è la seguente: ridurre queste indennità applicando un coefficiente di riduzione che tenga conto della differenza tra lo stipendio (svizzero per esempio) e il costo della vita in Francia.
Questa soluzione presenterebbe un duplice vantaggio agli occhi dei suoi sostenitori: evitare un costo aggiuntivo di 800 milioni di euro all’anno per l’assicurazione contro la disoccupazione francese, e incoraggiare i lavoratori transfrontalieri disoccupati a trovare lavoro il più rapidamente possibile, anche in Francia, mentre essi ad oggi ho poco interesse per la cosa.
Séverine Guessé, del servizio stampa Unédic, conferma che giovedì sera è stato raggiunto un accordo tra le parti sociali. Tuttavia, nulla entra in vigore immediatamente. “L’accordo si tradurrà in un accordo sull’assicurazione contro la disoccupazione che sarà poi soggetto all’approvazione del Primo Ministro”, ha detto il relatore.
Guylaine Riondel-Besson, dottoressa in diritto ed esperta della Fédération desentreprises romandes (FER), ripercorre la storia di questa questione franco-svizzera. «Prima dei bilaterali, la Svizzera restituiva il 90% dei contributi di disoccupazione versati dai lavoratori frontalieri». Poi il sistema è cambiato: la Svizzera ha iniziato a restituire il risarcimento in soli tre-cinque mesi. “Il che risulta essere molto meno interessante per la Francia”, precisa l’esperto. Da qui la volontà dello Stato francese di “prendere di mira i lavoratori frontalieri” per “trovare soldi”.
Secondo Guylaine Riondel-Besson, l’applicazione di un coefficiente di riduzione va contro il principio di uguaglianza tra residenti e persone che lavorano all’estero. “In passato, anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato il tentativo di istituire un sistema simile”. Si stanno già alzando voci per intraprendere azioni legali su questo nuovo accordo. Guylaine Riondel-Besson chiede una discussione tra gli Stati invece di “colpire i lavoratori frontalieri”.
“Questa decisione stigmatizza il lavoratore transfrontaliero”
“Non vi è alcun motivo perché si crei una disparità di trattamento di questo tipo!”, reagisce Thomas Fischer, direttore generale del Gruppo transfrontaliero europeo (l’associazione che conta 25.000 membri). Secondo lui “una simile decisione stigmatizza il lavoratore transfrontaliero”. Per lui “gli equilibri finanziari devono essere regolati tra gli Stati e non a scapito di una parte dei cittadini”. E per concludere: “Metteremo tutte le nostre energie per riportare alla ragione i decisori”, mobilitando deputati, senatori e anche davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
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