Entra ufficialmente in vigore l'aumento delle tasse doganali deciso dalla Commissione Europea sulle auto elettriche prodotte in Cina. La risposta della Cina non si è fatta attendere: ha appena presentato una denuncia contro l'Unione europea all'Organizzazione mondiale del commercio. Dove potrebbe portarci tutto questo?
Ne abbiamo parlato molto Sovralimentato : a seguito dei risultati di un'indagine che dimostra i sussidi della Cina ai marchi di auto elettriche del suo paese, la Commissione europea ha deciso di aumentare le tasse doganali per le auto elettriche prodotte in Cina.
Per andare oltre
Conosciamo l’importo investito dalla Cina per dominare l’auto elettrica
Le tariffe, inizialmente temporanee, sono state ratificate ufficialmente il 29 ottobre per i successivi cinque anni. La risposta della Cina non si è fatta attendere: secondo Notizie automobilistiche dalla Cinaha appena presentato una denuncia all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC).
Un piccolo promemoria dei fatti
Si ricorda che le nuove tariffe si aggiungono al 10% già in vigore. Sono stati calcolati sulla base di numerosi fattori (che hanno richiesto diverse correzioni nel tempo), compreso il grado di “cooperazione” durante l’indagine. Ecco il dettaglio:
- Tesla: 7,8% (le Model 3 europee provengono dalla fabbrica di Shanghai; le Model Y sono assemblate a Berlino, e quindi non sono interessate);
- BYD: 17%;
- Geely (gruppo Volvo, Polestar, Smart, Lynk & Co, Zeekr o Lotus): 18,8%;
- SAIC (di cui fa parte MG): 35,3%;
- Altri marchi che hanno collaborato (tra cui Xpeng o Nio): 20,7%;
- Brand che non hanno collaborato: 35,3%
Un aumento formidabile, quindi, che non passa inosservato a Pechino. Un portavoce del Ministero dell'Industria ha dichiarato: “La Cina ritiene che la decisione finale dell'UE sulle misure antisovvenzioni sia priva di base fattuale e giuridica, violi le norme dell'OMC e costituisca un abuso delle misure di rimedio commerciale”. Da qui la denuncia.
Cosa aspettarsi?
Prima cosa da sapere: se le otto sessioni negoziali tra Cina e Ue non hanno portato al disinnescare o all'annullamento dei rialzi tariffari, sono già previste altre consultazioni tra le due potenze sull'argomento, ricorda La Tribuna.
La Cina, ovviamente, non sta a guardare. Anche se il movimento sembra in fase di stallo, numerosi progetti di fabbrica in Europa sono in corso: BYD, ad esempio, sta costruendo un sito in Ungheria e ha formalizzato la costruzione di un secondo sito in Turchia. Anche altri paesi, come il Marocco, potrebbero ospitare fabbriche grazie alla loro vicinanza all’Europa.
D’altro canto Pechino immagina una risposta. Seguendo lo stesso modello dell'UE, è in corso un'indagine su carne di maiale, latticini e cognac europei. Un’altra preoccupazione: i marchi tedeschi puntano molto sul mercato cinese per vendere le loro auto, e il paese potrebbe rendere la loro vita ancora più complicata.
Potrebbero anche concentrarsi sull’esportazione delle loro auto ibride e ibride plug-in, esenti dalle sanzioni europee. MG e BYD hanno così iniziato a proporre i loro modelli ibridi in Francia, e questo potrebbe essere solo l'inizio.
Terminiamo con le nostre fabbriche europee, che potrebbero anch'esse essere colpite. Non dimentichiamo che la Cina ha un monopolio virtuale sulla catena del valore dell’auto elettrica (in particolare delle batterie); perché temere problemi di approvvigionamento in futuro? La domanda merita di essere posta.
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