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l’inflazione rallenta a settembre, segno di consumi ancora a mezz’asta

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Secondo i dati ufficiali diffusi domenica, l’inflazione in Cina è rallentata a settembre, segno che i consumi delle famiglie restano a mezz’asta nella seconda economia mondiale. Pechino ha annunciato sabato un massiccio ricorso al debito pubblico per sostenere la sua economia in crisi, prendendo di mira in particolare il mercato immobiliare e le banche. L’indice dei prezzi al consumo (CPI) è aumentato dello 0,4% a settembre su base annua, dopo un aumento dello 0,6% su base annua ad agosto, ha affermato l’Ufficio nazionale di statistica (NBS). Questo dato è inferiore allo 0,6% previsto in media dagli analisti interpellati dall’agenzia Bloomberg.

L’aumento dello 0,6% registrato in agosto, il più alto da febbraio, aveva fatto sperare in una ripresa dei consumi. Mentre molte delle principali economie occidentali si trovano ad affrontare la minaccia di un’inflazione elevata, la Cina si trova invece ad affrontare prezzi bassi e un rischio deflazionistico. Alla fine del 2023, il paese era precipitato nella deflazione per quattro mesi, con la più grande contrazione dei prezzi al consumo in 14 anni a gennaio.

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Serie di misure per rilanciare l’attività

La deflazione è l’opposto dell’inflazione. Corrisponde al calo dei prezzi di beni e servizi, sinonimo di un’economia che sta rallentando. Domenica la BNS ha inoltre segnalato un calo dei prezzi franco fabbrica del 2,8% su base annua a settembre, prolungando così una serie deflazionistica che dura dalla fine del 2022. Il calo è addirittura superiore a quello dell’1,8% sofferto in agosto. Nelle ultime settimane, i politici cinesi hanno presentato una serie di misure per stimolare l’attività e i consumi delle famiglie.

Sabato, il ministro cinese delle Finanze Lan Fo’an ha annunciato un vasto programma, in particolare tramite obbligazioni speciali, volto a sostenere le banche, il mercato immobiliare e a ridurre il debito dei governi locali. Le autorità ritengono ancora raggiungibile l’obiettivo di una crescita economica del 5% nel 2024, ma molti esperti lo ritengono troppo ambizioso, a causa della crisi del settore immobiliare, della debolezza dei consumi e dell’elevato tasso di disoccupazione giovanile, che ostacolano la ripresa dell’economia duramente colpita dalle misure adottate durante la pandemia di Covid-19.

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