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Nei Vosgi, lo sgomento dei produttori lattiero-caseari di fronte al ritiro di Lactalis: notizie

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“Non si preoccupano di noi”: nella famiglia Brandazzi, produttori di latte da quattro generazioni, c’è uno squilibrio che continua a peggiorare.

In questa bella fattoria situata nella conca delle colline, Aymeric, 28 anni, e suo padre Fabrice, 57 anni, allevano 90 vacche da latte, principalmente Montbéliardes ma anche alcune Brunes des Alpes e Prim’holstein, per una produzione di 550.000 litri di latte all’anno, biologico.

Una vita scandita dal rumore dei due robot di mungitura e dal passaggio del camion Lactalis, che viene a ritirare la produzione giornaliera, secondo un rito preciso, anche cronometrato.

“Il lattaio non ha tempo quando viene a pompare, non dovremmo parlare cinque minuti di troppo”, dice Aymeric in tuta da lavoro e berretto sulle orecchie. “Ha il suo tour da fare seguendo il suo GPS, tutto è completamente ottimizzato.”

“Prima c’era un venditore che veniva ogni due mesi. È venuto per vedere se le cose andavano bene, cosa speravamo di fare nei prossimi mesi, tutto il resto”, aggiunge il padre, che è lì dal 1990. “Adesso non gli interessa”. da noi Quello che vorrebbero è una grande azienda agricola per dipartimento, e che non gli costi nulla.

– Fermare gli investimenti –

Qui il latte viene venduto a 515 euro la tonnellata. “Per superare bene questa situazione mancano 100 euro”, stima Fabrice Brandazzi. “Questo prezzo consente solo di pagare i costi operativi.”

Così, per guadagnare un reddito, lui e suo figlio cercano di soddisfare specifiche sempre più esigenti per ottenere dei “bonus”.

“Ma non vogliamo questi bonus. Vogliamo che venga pagato per quello che vale”, si lamenta. “Ma non possiamo dire nulla, sopportiamo il rapporto.”

Così l’ulteriore giro di vite di Lactalis, che ha annunciato mercoledì di ridurre i volumi di raccolta in Francia in un contesto di “volatilità dei mercati internazionali”, ha sorpreso i produttori… ma “non così tanto”.

«Già da un paio d’anni la situazione con questo grande gruppo è complicata», riconosce Aymeric Brandazzi, rappresentante dei Giovani agricoltori nel cantone. “Ma per coloro che rimarranno indietro, diventerà molto difficile”.

Secondo l’Associazione dei produttori di latte Lactalis du Grand Est (Apllage), i volumi venduti al produttore diminuiranno dell’8%, lasciando senza sbocchi 151 agricoltori della regione. L’incertezza incombe, le persone colpite dovranno essere avvisate una per una nei prossimi giorni.

“Se per noi dovesse realizzarsi, non so se continueremo a produrre latte”, continua il giovane produttore, esprimendo la sua “apprensione”. “Non torniamo semplicemente in un altro caseificio da qualche altra parte.”

Come conseguenza immediata dell’annuncio di Lactalis, la famiglia ha interrotto gli investimenti nella costruzione di un nuovo hangar e di silos, nonostante 1.400 euro spesi per gli studi iniziali.

– “Riscopri il tuo orgoglio” –

A Xertigny la preoccupazione è tanto più grande in quanto l’ex fabbrica locale della Lactalis, diventata un semplice centro di raccolta nel 2012 “mentre andava bene”, secondo i produttori, chiuderà definitivamente i battenti nel 2026.

A una decina di chilometri di distanza, a La Chapelle-aux-Bois, è stato proprio per uscire da questa dipendenza che una decina di allevatori hanno fondato qualche mese fa l’azienda “La Vôge Laitière”, permettendo loro così, dall’inizio di settembre, di vendere la propria produzione senza intermediari.

“Prima Lactalis ci imponeva un prezzo e un volume. Ora, con il nostro cliente, ne discutiamo ogni trimestre. È bello ritrovare un po’ di orgoglio, invece di dipendere da un grande produttore”, si rallegra Vincent Chassard, produttore e direttore generale dell’azienda.

Ha riacquistato potere negoziale e il suo latte ora viene venduto a un prezzo più alto del 30%. “Ciò non significa che cambierò macchina”, avverte. “Ma ora ho quello che mi serve per vivere.”

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