Il ritorno di Donald Trump ravviva i mercati americani, ma il suo ritorno nasconde incertezze.
Euforia sotto tensione
Mentre l’anno volge al termine e i mercati finanziari si vestono dei loro colori più belli, il ritorno di Trump alla Casa Bianca rappresenta un vero e proprio “regalo di Natale sotto l’albero” per Wall Street. Infatti, con la maggioranza repubblicana al Congresso, ha libero accesso per attuare il suo programma economico, che ha causato un balzo di oltre il 5% sull’indice S&P 500. Questo rally, alimentato dalle promesse di tagli alle tasse e deregolamentazione, ricorda la magia del le vacanze dove tutto sembra possibile, almeno per un po’.
Ma dietro questo entusiasmo si stanno già manifestando delle crepe. Mentre gli investitori americani esultano, i mercati europei ed emergenti sono meno ottimisti. La prospettiva di dazi doganali elevati, come quelli annunciati da Donald Trump, pesa infatti sulle economie esportatrici e accentua le tensioni commerciali. Allo stesso tempo, dal 5 novembre il dollaro USA è salito del 2,5% rispetto al franco svizzero e i tassi di interesse continuano a salire, segnali di un aumento delle aspettative inflazionistiche.
Il protezionismo annunciato da Trump, con l’aumento dei dazi doganali di almeno il 10% sulle merci importate, mette a rischio importanti equilibri commerciali.
Una bella sorpresa… ma cosa c’è dentro?
Le misure fiscali di Trump, compreso il taglio dell’imposta sulle società al 15%, promettono di aumentare i profitti aziendali statunitensi di circa il 4%. Ciò dovrebbe anche rafforzare la loro competitività sulla scena internazionale. Ma questo “regalo” potrebbe avere un costo elevato: il deficit pubblico, già al livello record del 6% del Pil, rischia di peggiorare ulteriormente, il che aumenterà la pressione sui tassi di interesse a lungo termine. L’inflazione, che ha già raggiunto il 2,6% (e addirittura il 3,3% sottostante), promette di essere una delle maggiori sfide del 2025. La Federal Reserve, il cui margine di manovra per abbassare i tassi è limitato, potrebbe essere costretta a mantenere una politica monetaria restrittiva . Gli investitori, sedotti dallo splendore dei mercati americani, potrebbero scoprire che questa dinamica porta ad un aumento della volatilità, come le conseguenze, a volte difficili, delle vacanze.
L’economia globale, il grande oggetto dimenticato delle feste
Il protezionismo annunciato da Trump, con l’aumento dei dazi doganali di almeno il 10% sulle merci importate, mette a rischio importanti equilibri commerciali. Se queste misure favoriscono alcune aziende americane nel breve termine, rischiano tuttavia di indebolire economie già indebolite come quella europea e asiatica. In Cina, ad esempio, dove la ripresa economica stenta ad affermarsi, questa stretta potrebbe provocare una nuova fase di rallentamento, che aumenterebbe le tensioni con gli Stati Uniti. Inoltre, l’aumento dei prezzi al consumo, legato al protezionismo e alla riduzione dell’immigrazione, rafforzerà le pressioni inflazionistiche, lasciando le famiglie americane ad affrontare un aumento del costo della vita.
Se i mercati statunitensi accogliessero Trump 2.0 come una grande celebrazione, non sarebbe saggio ignorare i rischi incombenti. Le brillanti promesse di fine anno potrebbero trasformarsi in una fonte di instabilità duratura. Gli investitori dovrebbero restare con i piedi per terra: dopo tutto, la magia del Natale dura solo poco.